Spesso per le donne a parlare sono i numeri.
Dei 444 mila posti di lavoro perduti nel 2020, oltre 300 mila sono femminili.
Il problema viene da lontano: anche prima della pandemia in Italia lavorava una donna su due; il tasso di occupazione delle donne in Italia è al 48,5 per cento, il 13,9 per cento in meno della media europea.
Per quanto riguarda l’istruzione siamo agli ultimi posti. Il 19,6 per cento ha un titolo di studio terziario, contro il 33,2 per cento delle media europea.
Le donne pagano il prezzo più altro di questa crisi che oltre sanitaria ha assunto aspetti sociali ed economici devastanti.
Occorrono misure di tutela da adottare subito, la fotografia che ci rimandano i dati ha tinte fosche di una natura morta.
Ma le donne sono vive, sono attive, sono pronte a dare il loro apporto per la ripresa dell’economia.
Servono percorsi formativi di accompagnamento nel caso di riconversione di carriera e/o di inserimento lavorativo e infrastrutture sociali e congedi parentali.
Quello che non serve sono le parole senza garbo del Presidente del Comitato dei Giochi Olimpici e Paralimpici giapponese Yoshiro Mori, che ha sostenuto che “le donne parlano troppo” e se siedono nei consigli di amministrazione fanno perdere tempo perché non finiscono mai di parlare…”vogliono parlare tutte”.
E meno male! Diciamo noi cos’è? Oltre a toglierci il lavoro ci volete pure imbavagliare?