Ecco è arrivato il momento, il giorno fatidico in cui spiegare ai miei figli cosa devono fare, quali accorgimenti dovranno tenere quando rivedranno gli amici e le amiche, dopo due mesi di lontananza a causa della pandemia e con la tentazione di corrersi incontro e stringersi forte.
L’appuntamento è particolarmente atteso.
Ricordo ancora il loro ultimo giorno di frequenza a scuola, Alice, 9 anni quarta primaria, che all’uscita sul portone sussurrava alle orecchie delle amiche chissà quale segreto, le ho viste sorridere tenendosi per mano certe che si sarebbe riviste l’indomani.
Francesco, 4 anni scuola dell’infanzia, mi aspettava invece seduto su una sedia: che strano, mi sono detta, lui che non si ferma mai se non costretto, cosa ci fa li immobile con lo sguardo perso nel nulla?
Si avvicina la maestra e mi racconta che Francesco è caduto nel giocare con un amico in giardino, si stavano rincorrendo tra urla e schiamazzi, poi un tonfo seguito da un lamento e il ginocchio sbucciato.
Mio figlio mi vede e sorride, ha una faccia da birba, da chi la sa lunga, non può corrermi incontro per un abbraccio come fa di solito, ma tende le sue manine e mi fa un segno.
Ho capito, vuole essere preso in braccio. Saluta tutti dall’alto felice, la distanza tra lui e gli altri supera il
METRO d’altezza e questo lo fa sentire grande.
Il metro: eccolo che ritorna e riaffiora alla memoria attraverso il racconto di quell’episodio accaduto ormai più di 2 mesi fa.
Due mesi. Cosa è successo dopo, nei giorni a seguire? Non lo so dire, non chiedetemelo, ho una discreta confusione in testa; un succedersi di immagini, di suoni, di rumori, all’apparenza tutti uguali, giornate interminabili, scandite da tempi lenti caratterizzati dall’incertezza e dal disorientamento.
Tienimi il metro per favore! Come te lo devo dire?
Ecco ora ho raccolto le idee e sono pronta a parlare ai miei figli, a spiegare che potranno sì rivedere gli amici e le amiche, ritrovarsi in un parco, oggi le aree gioco non sono accessibili, e giocare in un nuovo spazio che solo la fantasia potrà aiutare a reinventare.
La nuova convivenza impone regole e nuovi comportamenti da tenere, facile a dirsi ad un adulto, ma parlare ad un bambino di 4 anni e ad una bambina di 9, proprio così facile non è.
Devo trovare le parole giuste per dirlo.
Ho pensato di ricorrere ad una favola per Checco, gli amici lo chiamano così, che richiami il principio della giusta distanza da mantenere con gli altri, per non ferirsi l’un l’altro.
“Il dilemma del porcospino” di Arthur Schopenhauer mi vene in soccorso e recita così:
“Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’un dall’altro. Poi provarono a stringersi di nuovo per sopportare meglio il freddo, ma ricominciarono a pungersi.
Quando il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripetè quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore.
Per i porcospini, l’unico modo per evitare di ferirsi e pungersi è quello di restare vicini, ma non troppo vicini. In questo modo riescono a trovare riparo sia dagli aculei che rischiano di pungerli che dal freddo.
E per Alice invece una storia vera: “Il Dott. Li e il virus con in testa una corona”, validissimo aiuto per rispondere alle domande difficili dei bambini su questa situazione paradossale che stiamo vivendo. Perché? Per quanto tempo? Sono domande a cui noi stessi adulti non riusciamo a rispondere.
Consiglio ai genitori interessati: il libro è scaricabile gratuitamente e bellissime sono le illustrazioni.
Anche la loro differente età crea una distanza e va gestita perché la visione del mondo, delle cose che li circondano e delle esperienze, generano bisogni e desideri diversi che un genitore deve sapere cogliere e soddisfare.
Tienimi il metro e tutto andrà bene!